All’inizio dello scorso mese di giugno, in un comune della Provincia, una giovane donna è stata uccisa a coltellate dal compagno che intendeva lasciare. Diciannove fendenti infieriti con un coltello da combattimento. L’assassino ha ferito gravemente anche un amico della ragazza al momento presente, per poi tentare esso stesso il suicidio.
Al di là di quelle che saranno le risultanze delle indagini e delle perizie che queste comporteranno, vorrei brevemente soffermarmi su di un punto, riportato dai giornali e poi ribadito in altre circostanze, circa le motivazioni che avrebbero spinto l’uomo a uccidere: un raptus.
Cosí riassume l’articolo: “…quando sarebbe stato vittima di un raptus. Perché è proprio di raptus che parlano gli investigatori in queste prime fasi. Pare infatti non vi sia stata una discussione a far scoccare la furia omicida, …”
Questo è il messaggio che coloro i quali hanno cercato di informarsi, hanno ricevuto e capito.
Volendo soffermarmi solo sulla citata scarna interpretazione dell’accaduto, che naturalmente non condivido, intendo sottolinearne il significato che per i piú è destinato a passare: “l’assassino ha agito in un momento di follia, io non sono matto, ergo, a me non capiterà mai!” .
Tullio Segato